Scrivo queste righe sull’onda nera dell’emozione.

Appena tre giorni fa la piattaforma petrolifera Rospo Mare, che da trent’anni sosta nello specchio di mare compreso tra due riserve naturali, Punta Aderci e le Dune di Marina di Vasto, ha sversato in mare una tonnellata di greggio (secondo le dichiarazioni ufficiali, probabilmente al ribasso).

Il WWF ha diffuso le immagini dei gabbiani sporchi di petrolio, molto più eloquenti delle parole dei soliti noti, che assicurano: “Non è successo nulla! Tutto è sotto controllo!”. Ma non è la prima volta che non succede nulla e purtroppo temo che non sarà nemmeno l’ultima. Nessuna principessa verrà a baciare il Rospo Mare per cambiare in un attimo le cose.

Questo è solo l’ultimo episodio di un tragicomico romanzo che racchiude il destino della mia terra, l’Abruzzo, fino a ieri conosciuta come la regione verde d’Europa - con il 30% del territorio protetto - che domani invece potrebbe essere declassata a distretto minerario, e diventare la regione nera d’Europa.

Sacrificando una produzione di vino tra le prime per qualità e quantità, per qualche barile di petrolio della peggior qualità. Sacrificando una economia che potrebbe agevolmente vivere di turismo e produzione agricola di eccellenza, e diventare una bandiera dello sviluppo sostenibile, a pochi anni di cieca estrazione di risorse non rinnovabili. Senza contare che un piccolo incidente, solo qualche tonnellata di greggio in più, niente di paragonabile a quanto successo in Messico con la BP, basterebbe a decretare la morte di un mare chiuso come quello adriatico, o più in là del mediterraneo. Ma di fronte a questo rischio i nostri politici ancora sono disposti a calarsi le braghe, per qualche barile in più. Solo per una dose in più.

Di fronte a Rospo Mare c’è Vasto, dove vivo, comune deVastato dalla cementificazione selvaggia, come gran parte della costa italiana coperto di immonda edilizia, chiamiamola pure immondilizia. Inutile dire quanto sia forte a volte l’impulso di andare via. Eppure, nonostante tutto l’impegno che ci abbiano messo finora per distruggere questo territorio, vale ancora la pena lottare per quel che rimane, vale ancora la pena essere uno che rimane.
Vasto si trova lungo la Costa dei trabocchi, o Costa Teatina, il cui territorio è stato istituito ufficialmente come Parco Nazionale dalla legge 93/2001. Da allora non sono stati sufficienti 12 anni per giungere alla perimetrazione di questa area protetta contro la quale la Regione Abruzzo (Giunta Chiodi) ha persino presentato un ricorso alla Corte Costituzionale, perdendolo. Vi potete immaginare una Regione che, invece di accogliere la possibilità di un avere un quarto Parco Nazionale come una manna dal cielo, vi si oppone? Vi potete immaginare un politico, Mauro Febbo, nominato Coordinatore del tavolo tecnico per l’istituzione del Parco, che invece di favorirlo lo osteggia in tutti i modi, anche presentando ridicole proposte alternative, come quella di un Parco a macchie, che servirebbero solo a lasciare ampio margine di manovra agli speculatori di turno?


E nel frattempo il sogno di congiungere le nostre sette riserve costiere in un unico parco nazionale, un ombrello sotto il quale ci sentiremmo un tantino più tutelati, rischia di trasformarsi nel peggiore incubo, sotto la disgraziata gragnola che piove sulle nostre teste. Sembra incredibile, ma non passa giorno senza che si profili una nuova minaccia, una nuova emergenza ambientale: se non sono i pozzi di gas e petrolio, con le centinaia di concessioni previste nella nostra regione (un esercito di rospi) con le raffinerie, sono le centrali a biomasse, o gli inceneritori, le turbogas, i cementifici, gli elettrodotti, le discariche per rifiuti tossici, abusive o autorizzate, i depositi per scorie nucleari, le cave, le ruspe, i porti turistici, le cementificazioni...insomma basta! Non si può stare un attimo tranquilli a godersi pure quel poco che rimane di una cultura, un territorio, un patrimonio naturale. O della nostra salute.

Queste parole che scrivo non vogliono solo informare su una situazione di emergenza, insieme alla galleria di immagini a lato, ma sono anche un doveroso tributo a quel coraggioso drappello di persone, di ambientalisti, che si spende volontariamente e senza alcun tornaconto economico, giorno dopo giorno, per salvare il salvabile...persone alle quali dobbiamo molto più di quanto crediamo e per le quali realizzare a volte una vignetta o una mostra, mi sembra anche troppo poco. Perché so quanta parte del loro tempo sia ipotecata da una classe politica corrotta e cialtrona.  La piattaforma Rospo Mare e tutte le altre succhiano petrolio o gas, ovvero energia, non solo dal sottosuolo, ma anche da noi, dai nostri corpi, dalle nostre anime, costretti continuamente a mettere pezze, fare ricorsi, raccolte firme. Con la differenza che dal petrolio si trae profitto, dalla lotta al petrolio no! Almeno non nella accezione classica di profitto.

E l’Abruzzo non è un’isola disgraziata o un’anomalia, ma un semplice specchio della situazione italiana e mondiale, dove una coscienza ambientale e una decrescita fa fatica ad affermarsi tra gli ultimi colpi di coda di un’economia fossile di predazione e neo-colonialismo che ci sta portando alla catastrofe. Dove le acque del futuro non sono limpide per l’incontinenza senile di vecchi marchingegni che dovrebbero già essere relegati al passato. Dove quello che ieri accadeva al sud, magari in Nigeria per colpa della nostra ENI, oggi accade a noi con la Petroceltic....perché saremo sempre a sud di qualcosa o qualcuno finché non lotteremo tutti insieme per un mondo diverso. Finché non realizzeremo che dovunque ci troviamo i nostri problemi sono gli stessi, perché radiazioni, riscaldamento atmosferico, inquinamento, maree nere, OGM non hanno confini di territorio, ma passano nelle nostre strade, nelle nostre mani quando compriamo al supermercato, nei nostri polmoni.

Il 9 novembre 2012 a Venezia si è svolta la Conferenza Internazionale delle Regioni Adriatiche sulla salvaguardia delle coste del mar mediterraneo dall’estrazione di idrocarburi in mare. E’ stato un segnale di speranza, e la confluenza di anni di lotte condotte non solo in Abruzzo, ma anche in Puglia, Molise, e oltremare. “Se metti un dito in acqua tocchi tutto il mondo” dice un proverbio croato, e se il dito ti si sporca di olio è un problema di tutti. Non ci può essere protezione del nostro mare e delle nostre vite, se non ci abbracciamo e mettiamo in comune le nostre risorse, le nostre riserve, i nostri parchi, se non capiamo che dovunque combattiamo la nostra battaglia si tratta della battaglia di tutti Contro la dittatura dei colossi multinazionali anche noi dobbiamo essere multinazionali, ma in un senso diverso... Parchi di tutto il mondo unitevi!

Vasto, 24/01/13

Franco Sacchetti

 

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