«Valdo!» chiamai stupito, già sull’ultimo gradino delle scale, di fronte al salone immerso nella penombra, con le percussioni africane addormentate sui cuscini del divano, e il grande atlante del mondo issato sul canotto come una tenda a capanna. Aprii tutti gli scuri, e mi affacciai in giardino chiamandolo ancora, invano. Pensai che un caffè mi avrebbe aiutato a vederci più chiaro, così andai in cucina, scovai la caffettiera dietro una catasta di pentolini e piatti, la riempii facendo bene attenzione a non mettere l’acqua senza il caffè, o il caffè senza l’acqua, e mi sedetti in contemplazione di fronte al gas, il cui fiore con i petali azzurri era appena sbocciato, come ogni mattina.