Il mappamondo era lo stesso che avevo sul mio comodino da bambino, ma il mondo non era già più lo stesso. Mi curai di spegnerlo, come sempre gli avevo raccomandato, e dalla penombra del corridoio entrai nel bagno, dove mi feci una doccia di luce, e ritrovai la mia immagine nello specchio.
Pensavo che Valdo fosse già sceso, ma non sentendolo accanirsi sulle percussioni, mi chiesi su quale spicchio del suo iperattivismo si fosse fermata la lancetta del risveglio: forse stava preparando il tavolo di gioco per sfidarmi a Subbuteo, ben sapendo di avere facile vittoria prima del mio caffè, o forse era già a mollo dentro il suo canotto, che avevamo gonfiato sul pavimento come un surrogato dell’estasi balneare, a ritagliare i suoi modelli di pop-up.